#RIPCarolina
L’elaborazione del lutto adolescenziale via TW
“#RIPCarolina si è suicidata per colpa di chi la sfotteva. mi aiutate a twittarlo? basta anche un rt grazie”.
Questo tweet è stato ritweetato 2645 volte dal 5 gennaio fino al momento in cui ho cominciato a scrivere questo post.
Carolina era una ragazza di 14 anni di Novara che si e’ verosimilmente suicidata gettandosi, nella notte tra venerdì e sabato scorso, dalla finestra dell’appartamento dove risiedeva con il padre.
Tweet analoghi si sono rincorsi per tutta la giornata di ieri. In tutti o quasi a prevalere sul dolore è la rabbia, indirizzata verso coloro che con il bullismo l’avrebbero indotta al suicidio. I toni e le parole variano. C’è chi arriva a dire “l’avete uccisa” ed a minacciare di “far uscire il sangue dalla bocca” ai presunti colpevoli. Altri confidano nella punizione del rimorso e del senso di colpa “e sappi che la pagheranno! spero che il rimorso li assilli per tutta la vita. Gente di merda.Chi cazzo sono per fare questo” Altri sottolineano “quanto quella ragazza stava male, per arrivare a fare ciò che ha fatto?” e concludono “ciò che ha fatto non è stupido. e nemmeno lei. sapete cose è stupido? spingere una persona a suicidarsi, giudicando. questo”. Concetto questo che viene ripreso da altri e diventa una sorta di filo conduttore del discorso: “IL SUICIDIO E’ STUPIDO? SAI COS’E’ VERAMENTE STUPIDO? INDURRE UNA PERSONA A FARE TUTTO QUESTO” o in forma analoga “voi chiamate pazze le persone che si suicidano ma sapete chi lo è davvero ? PAZZE SONO LE PERSONE CHE TI SPINGONO A FARLO”. Il caso viene a questo punto visto come sintomatico di una tendenza cui dedicare attenzione per combattere il fenomeno bullismo “questo trend (#ripcarolina) non è solo per lei. questo trend è per tutte quelle ragazze che vorrebbero smettere di vivere per colpa dei bulli”. Questo ed altri segni del malessere adolescenziale vengono chiaramente identificati e contrapposti ai disagi della società adulta “MENTRE VOI ADULTI COMBATTETE CONTRO MONTI E LE TASSE,NOI ADOLESCENTI COMBATTIAMO CONTRO IL BULLISMO,L’AUTOLESIONISMO E ALTRO” anche se qualcuno aggiunge “fidati hanno più problemi di noi”. C’è chi dedica un lunghissimo e documentatissimo tweetlonger al tema del bullismo essendone stata ella stessa vittima: “Il Cyber bullismo viene definito come “danno intenzionale e ripetutivo inflitto attraverso l’uso di computer, telefoni cellulari e altri dispositivi elettronici. Di cui, molti ragazzi, lo fanno per scherzo, ma le vittime non trovano niente di divertente. Il 43% degli adolescenti ha ammesso di essere vittima del cyberbullismo, e il 25% afferma che è successo più di una volta. Cyber bullismo è un problema crescente nella nostra tecnologia, e deve essere fermato. Il Cyber bullismo si presenta in forme e modi diversi. Non sai chi è la persona dall’altra parte dello schermo del computer. Non conoscono personalmente più di tanto chi sei tu. Non sanno come ti senti al tuo interno. Non sanno che a causa loro, una persona, davanti a un pc, sta tremando e piangendo, preoccupandosi della situazione. Non sanno che hai paura che non ci sia più nessuno ad aiutarti a risolvere il problema. Sapete, questo argomento è così vicino al mio cuore perché ho sperimentato questo tipo di problema”.
C’è chi cerca di andare alle radici della “cosa” che fa star male nella società: ” ‘e difficile’ ‘cosa?’ ‘vivere in una società alla ricerca della perfezione e non sentirsi mai all’altezza'”. Viene inoltre rimproverato alla società degli adulti disinteresse per l’avvenimento “e la tv nemmeno ne parla. monti, berlusconi e la politica da schifo che c’è, sono più importanti”, “la tv non ne parla, perché è troppo impegnata a parlare di quante volte al giorno monti va al bagno”,”troppo impegnata a parlare del culo di Belen”. Ma è il disagio giovanile in genere che non verrebbe percepito e compreso da una società adulta, definita spesso “di merda” e contrapposta al cielo dove si pensa che “l’angelo Carolina” abbia trovato la sua pace “lassù stanno andando troppo angeli magnifici, perché? per colpa della gente idiota che rimane qua”. (Va peraltro segnalato che un tweetero, se così lo si può chiamare, “si rallegra” (sic!) perchè “la odiava” precisando peraltro, successivamente, non so quanto attendibilmente, che si riferiva ad un’attrice di una telenovela…)
#RIPCarolina è effettivamente diventato un trend in TW divenendo oggetto di attenzione anche al di fuori di TW. Prima da parte dei carabinieri e del prefetto che invitavano giustamente alla prudenza nella valutazione dei fatti, preoccupati che caccia alla strega mediatica potesse causare altre disgrazie. Poi anche blog, radio TV e quotidiniani nazionali hanno dato rilievo al fatto e soprattutto alla sua rilevanza mediatica. La psicanalista Silvia Vegetti Finzi ha preso lo spunto per proporre su la @La27ora le sue considerazioni sul tema di rischi e risorse della comunicazione in rete . In uno degli articoli di corriere.it si ipotizzava inizialmente che il pretesto per il bullismo fossero state delle fote osè di Carolina, circolate su fb senza il suo consenso, dunque un episodio di sexting. Molti altri potrebbero essere gli spunti per riflettere sulla tragedia: uso ed abuso potenzialmente pericoloso ma anche difensivo dei social media, corto-circuito mediatico, gogna mediatica come nuova forma di espiazione, ma anche indignazione mediatica come meccanismo di difesa per fermarsi alla superficie di simili tragedie e non doversi confrontare con le sconvolgenti emozioni che vi stanno sotto. Per non parlare di tutti gli aspetti solo apparentemente tecnici: a partire da quale età fa senso avere un account? è corretto citare con i tweet l’account di minorenni, riprendere le loro foto?
Personalmente sono stato molto colpito dalla tragedia del suicidio minorile in sè (ho un figlio della stessa età) e dai molti e multiformi, non solo rabbiosi, tweet di colleghe/i di Carolina. Una vera e propria elaborazione individuale e collettiva del lutto su TW. I sentimenti aggressivi fanno d’altra parte intrinsecamente parte dell’elaborazione del lutto, a maggior ragione in un caso di suicidio, che sia stato scatenato o meno dal bullismo. Essi sono inevitabili prima di poter arrivare all’accettazione, sempre difficilissima, della perdita. Siamo poi tra adolescenti che si confrontano su un social media, che sollecita la comunicazione “virale”. Considerando tutto questo, trovo la loro reazione, per la loro età, più che adeguata e le loro considerazioni sul loro disagio differenziate, sicuramente molto più di quelle di molti adulti, che sembrano fare di TW strumento di cazzeggio/regressione. Certo non è difficile cogliere nei loro tweet quella fragilità, figlia della nostra società liquida, narcisistica, disorientata, che ha spesso sostituito i tabù religiosi con altri non meno intolleranti, e le penitenze con riti di espiazione mediatica non meno dolorosi. Ma si percepisce anche la capacità e la volontà di informarsi, confrontarsi, ribellarsi agli standard dominanti ed agli stantii pregiudizi sulla pazzia, far sentire la propria opinione e battersi sui social media per questo. E ancora, congiunta con la compiaciuta tendenza a far tendenza, la voglia e la competenza di non rinchiudersi nel proprio dolore individuale, il tentativo di condividerlo ed elaborarlo anche con gli altri, in pubblico, su un social media. Non è forse questo un tentativo di confrontarsi con i propri difficili sentimenti e di darsi reciprocamente forza, come noi abbiam fatto a casa, nel quartiere, a scuola, in Chiesa? Un rito di elaborazione del lutto destinato forse a soppiantarne altri ? Siamo forse noi psichiatri, psicologi, psicoterapeuti, che parliamo volentieri di psicoterapia online , che dovremmo trovare ed offrire una modalità adeguata per accompagnare online anche questi processi – che di sostegno hanno talvolta bisogno per non cedere al puro contagio emotivo o all’agito aggressivo (come sembra tra l’altro sia già avvenuto in questo caso) – e per intercettare in rete il bisogno di informazione ed il malessere di adolescenti e giovani, come fà ad esempio ciao in svizzera francese.
Putroppo Carolina non c’è l’ha fatta a superare conflitti che probabilmente ignoriamo e non possiamo che rispettare dolorosamente il suo gesto. Forse possiamo però trovare strumenti ed opportunità per essere più vicini ed accessibili al disagio, anche adolescenziale e giovanile.
Giuliano Castigliego
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