Il ritorno sulla scena politica di B. e le sue – per usare un eufemismo – mutevoli opinioni sul candidato premier del centrodestra hanno ovviamente scatenato un profluvio di commenti. Oltre a quelli politici e socio-culturali mi hanno colpito, anche se certo non sorpreso, quelli di carattere psicologico-psichiatricio. Un’ampia gamma dei disturbi psichiatrici classificati nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders gli è stata attribuita, soprattutto sui social media. Il disturbo più citato era anche quello che ha rischiato – per inflazione – di rimanere fuori dalla recentissima 5ª edizione del Manuale: il disturbo narcisistico. Ma non mancavano diagnosi di demenza per non dire dei disturbi del comportamento sessuale. Altri, passando direttamente alle terapie, hanno invocato un T.S.O. – se non peggio.
Cose scontate si dirà, visti i comportamenti cui ci ha abituato il personaggio ed i toni – per usare un altro eufemismo – accesi del tifo politico italiano. “E se ci fosse dell’altro?” mi sono chiesto. E mi è venuto in mente “Il perturbante” di Freud.
In questo breve e lucido saggio del 1919, Freud, prendendo spunto da un celebre racconto di Hoffmann, “L’ uomo della sabbia” (1815) , ci accompagna in un’elegante ed affascinante analisi psicologico-etimologica della parola tedesca “unheimlich”, “perturbante” appunto, confermandosi narratore sublime.
Il termine tedesco “unheimlich” è, dal punto di vista semantico, il contrario di heimlich (da heim, casa), che indica di casa, per cui anche, familiare, fidato, intimo. Freud, da fine filologo, ci fa però rilevare che un significato traslato di heimlich è anche “tenuto in casa, nascosto”. Heimlich presenta dunque due significati in contrasto tra loro, uno dei quali (“nascosto, misterioso”) coincide con il suo contrario, unheimlich. Anziché fermarsi all’apparente contraddizione, Freud la interpreta genialmente come segno della stretta parentela tra i due termini. Anzi della loro coincidenza. Unheimlich è infatti tutto ciò che un tempo era di casa, patrio (heimisch), familiare, è stato poi celato, nascosto alla coscienza tramite il processo di rimozione e torna ad apparire, suscitando appunto in noi il sentimento di straniamento del perturbante. Il perturbante è dunque il “rimosso” che ritorna. Nel caso del già citato Uomo della sabbia di Hoffmann si tratterebbe, secondo Freud, dell’angoscia di castrazione che, rimossa nell’infanzia, torna a riaffiorare e ad affliggere il povero Nathaniel fino alla follia (quasi omicida e suicida).
Cosa ha a che fare tutto questo con B.? Nulla si dirà, se non forse per l’associazione con la lingua della cancelliera Merkel, che di B. non è certo ammiratrice. Eppure, al di là delle molte considerazioni politico-sociali già espresse, mi sembra che la ricomparsa di B. sulla scena politica (e dunque prepotentemente sui media) abbia qualcosa di inquietante, anzi di perturbante su cui vale la pena di soffermarsi.
Cos’è stato infatti quello che è avvenuto nel novembre 2011 se non un collettivo processo di rimozione di B. e del B.smo sotto la pressione delle istanze morali (genitoriali, super-egoiche che dir si voglia) europee ed italiane? La rimozione appunto di una vergogna nazionale finanziaria e morale non più tollerabile, sterilizzata e cancellata dalla competenza e dal prestigio di un tecnico il meno nazionale ed italiano possibile, accompagnato da una compagine di tecnici, sotto l’autorevole iniziativa della più alta carica dello Stato? Il prestigio internazionale non è tardato a giungere e le prime reazioni anche nazionali al governo tecnico sono state di grande stima se non addirittura, com’era da attendersi, di idealizzazione. Quando tuttavia è risultato sempre più evidente che la traformazione del Paese non poteva essere magica ma doveva essere piuttosto tragica (Wurmser) – come dettato, almeno in gran parte, dalle desolate condizioni economiche nazionali ed internazionali – l’idealizzazione è andata progressivamente scemando. Non solo e non tanto tra coloro che dal nuovo governo “tecnico” avevano patito i maggiori sacrifici ma invece tra quelli che della magia avevano fatto la loro divisa. Gli italici quadratori del cerchio, gli incantatori di serpenti che, a destra e a sinistra, promettono la luna e ancora qualcosa in aggiunta, meno tasse, più servizi, la tradizione e l’innovazione, diritti per tutti senza mai togliere privilegi a nessuno, per carità, siamo italiani. Quelli che la soluzione loro ce l’hanno sempre per tutto e per tutti e la fanno intravvedere dal loro cappello magico salvo poi dare la colpa agli altri (i comunisti, la magistratura, l’europa, le banche, i poteri forti, i servizi segreti, l’america, il vaticano, il capitalismo, insomma il gomblotto) quando nella realtà la loro arma vincente non funziona. Quelli che la legge per gli altri si applica e per gli amici si interpreta, quelli che la mediazione è scarto democristiano, salvo poi pretenderla quando sono loro al potere. Quelli che citano il genio italico intendendo la capacità di fregare il prossimo senza darlo a vedere, i piacioni che sistemo tutto io e gli incazzati cronici che perdono sempre solo perché stanno dalla parte sbagliata ma se avessero l’appoggio giusto sarebbero proprio come quelli che stanno dalla parte giusta, quelli che è tutto una m., tutti sono ladri, p. e str. ovviamente con l’unica eccezione di loro stessi. Quelli che si dividono in fazioni anche per l’acqua naturale e quella frizzante, e che da lì fino al partito politico o forse fino a Dio si schierano, pro o contro, perché si sa che tanto sulla cosa in sè non vale nemmeno la pena di discutere. Quelli che s’indignano e gli riesce così bene che dell’indignazione hanno fatto il loro mestiere, ma l’autocritica non fa parte del contratto.
Insomma tutti noi, piacioni e fregnoni, massimalisti incazzati e passivi sudditi, o almeno quella parte piccola o grande che sta dentro tutti noi, perché ognuno di noi è, come dice Severgnini – e non solo lui – almeno un po’ B.
Io credo che il ritorno in campo di B. – e dei sui trucchi da illusionista di paese, ma anche dei controtrucchi e delle reazioni ai trucchi etc etc – sia perturbante per noi italiani perché riporta davanti ai nostri occhi quello che, in piccola o grande parte, siamo (stati) e che abbiamo rimosso mettendo davanti agli occhi della comunità internazionale e soprattutto ai nostri il freddo e tutt’altro che magico prestigio dell’ onesta competenza. Ma quando B. ricompare nel suo/nostro mondo dei media ed i nostri figli ci chiedono cosa abbiamo fatto per
vent’anni quando c’era lui, e siamo obbligati a chiedercelo anche noi, la nostra rimozione scompare, un sentimento perturbante ci pervade e rende la risposta difficile, molto difficile.
Forse allora questa è l’occasione buona per fare i conti con noi stessi, con le nostre poche o tante parti di B. che ci portiamo dentro, per confrontarci con loro, elaborarle, trasformarle, magari diluirle in dosi omeopatiche, ma non negarle e proiettarle poi sugli altri, perché non succeda anche a noi quello che è successo al povero Nathaniel del racconto hoffmaniano
Giuliano Castigliego
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