Qualche giorno fa @greta_fanelli poneva proprio su TW la domanda:
Ci si può innamorare su Twitter?
La mia risposta è stata scontata. Mi sono ricordato di Emmi Rothner e Leo Leike. Loro si erano innamorati per mail, come sarà capitato ad altri. Emmi e Leo avevano però la particolarità di essere i protagonisti del rigoroso e coinvolgente “Le ho mai raccontato del vento del Nord” di Daniel Glattauer. Per il loro passaggio dal virtuale al reale (al tempo della pubblicazione del libro si diceva ancora così) non è bastato tuttavia l’intero libro (divenuto poi anche racconto teatrale e film). Ma d’altro canto quanti amori (e romanzi) sono stati scritti sulle lettere? Conversando su TW sul tema mi sono venute in mente quelle di altri due innamorati, Nathaniele e Clara. Anche loro peraltro innamorati in un libro: L’uomo della sabbia di E.T.A. Hoffmann. Straordinario anche se un po’ angosciante, anzi perturbante direbbe Freud che gli ha dedicato uno splendido saggio. Ma nella novella di Hoffmann non sono le lettere a far innamorare, quelle casomai servono a riflettere. A Nathaniele, per innamorarsi, basta una finestra, magari una di quelle di cui parla nel suo post Roberto Cotroneo @robertocotroneo Guardando appunto con un cannocchiale nella finestra di fronte Nathaniele scorge la bella Olimpia, e la osserva estasiato, fino ad innamorarsene. Salvo poi dover drammaticamente realizzare che Olimpia è un automa. A questo punto impazzisce e viene ricoverato in clinica psichiatrica. (Lasciamo stare per il momento la sua fine che pur ci porterebbe a capire anche qualcosa di feminicidio. Lasciamo pure stare il saggio di Freud sul perturbante come rimosso che ritorna). Torniamo piuttosto a Twitter. Chi non guarda la pic, oltre a leggere bio e tweet, prima di followare? Ci sarà sicuramente anche chi sta in contemplazione di foto e video, chi scruta ogni minuzia dei Tweet altrui, annota nascosto, orari, presenze, assenze altrui (ne scriveva con il consueto formidabile sarcasmo Elena Bibolotti @Bibolotty – che apprendo da un suo tweet aver già anche trattato il tema dell’innamoramento su Twitter qui . E poi chi non ha il suo/a tuittero/a del cuore? cui Chiara Degli Esposti @chiadegli ha dedicato un post a dir poco fenomenale oltre che fenomenologico. Siamo dunque tutti Nathaniele – per fortuna solo un poco, nella maggior parte dei casi. Affascinati dal nostro vicino/a vicina di casa, ufficio, Twitter, proiettiamo su di lui/lei quello che vorremmo vedervi e trovarvi. Ma quando non veniamo stellinati, ritwittati, ricambiati, narcisisticamente gratificati, diventiamo delusi, tristi, arrabbiati, magari disperati. È qui, nella delusione e nella frustrazione della perdita/mancata conquista dell’oggetto, che “si parrà nostra nobilitate” – e salute mentale. Possiamo fare come Nataniele che nega la realtà pur di non rinunciare al suo delirante desiderio. Ci può invece capitare di cadere in depressione non riuscendo ad affrontare il faticoso processo del lutto per separarci definitivamente dall’oggetto (appena) amato. Ci riesce però spesso, vabbè diciamo talvolta, di essere anche un po’ Freud – purtroppo, ma anche per fortuna, solo un poco. Di riuscire cioè a capire i sentimenti dell’altro senza tuttavia identificarci con essi e di mantenere la distanza e la freddezza – be’ non proprio quella da chirurgo che consigliava Freud – per analizzarli e interpretarli correttamente. Ma qual è la giusta proporzione di empatia e proiezione, passione/ragione? Quando il mio desiderio è infatuazione, passione, amore, dipendenza, ossessione o addirittura delirio? Le definizioni psichiatriche e psicologiche, che in questi, come in altri ambiti abbondano, pur utili, faticano a dare pienamente conto delle (tante) sfumature esistenti tra queste condizioni normali e/o patologiche così vicine e così diverse tra loro. Nel frattempo la neurobiologia e le tecniche di neuro-imaging, straordinariamente sviluppatesi negli ultimi anni, hanno cercato di porre rimedio alle incertezze concettuali. Ed hanno effettivamente individuato circuiti anatomico-funzionali in parte comuni ed in parte invece diversificati per desiserio sessuale (sexual desire/relationship), amore (romantic love), attaccamento (attachment). Senza impelagarmi in “brevi cenni sull’universo” neurobiologico dell’amore, alcuni dati sembrano avvalorare la non proprio sconvolgente ipotesi secondo cui “one may consider desire and love on a spectrum that evolves from integrative representations of affective visceral sensations to an ultimate representation of feelings incorporating mechanisms of reward expectancy and habit learning”. Ma torniamo all’amore su Twitter, dal quale mi allontano sempre – che la mia fuga nei romanzi, nei saggi e nei papers sia una nevrotica difesa dall’amore e dalla vita? Chi l’abrebbe mai detto, vero? Torniamo dunque a Twitter. Certo, si dirà, ci si innamora in (quasi) qualsiasi contesto ma il medium ha la sua importanza. Duplice in questo caso. Come specifico mezzo di comunicazione con peculiari caratteristiche e come mediatore, oggetto transizionale dei sentimenti amorosi tra gli amanti. Per Paolo e Francesca “galeotto fu il libro”, ma offline. Nataniele si serve, sempre offline ma a distanza, del cannocchiale (dell’odiato Coppola). In Twitter invece, si è online, non c’è lo sguardo faccia a faccia, non ci sono i corpi, le ombre. In realtà i corpi ci sono, composti e ricomposti, trasformati dalla nostra ed altrui percezione, associati in modi nuovi a mille altre informazioni che certo viaggiano su canali sensoriali limitati, ma non per questo ridotti. Ne risultano le chimere off/on-line che siamo noi, dentro e fuori Twitter, maschere e persone insieme. Non ho trovato in letteratura lavori sul tema specifico della relazione amorosa via Twitter, pur essendo invece Twitter già molto studiato per le sue capacità di esprimere lo stato d’animo collettivo (felicità ,tristezza, etc) e le sue variazioni ma anche di influenzare lo stesso in modo positivo ad es nel sostegno reciproco in caso di catastrofe . Precedenti studi sulle relazioni via Facebook, Internet, online dating mettono l’accento da una parte sulle limitazioni sensoriali (con aumento e difficile risoluzione dell’ambiguità) e dall’altra, giustamente, sui pericoli di distorsioni della realtà rese possibili dal mezzo (il solito cane dietro il computer, e ben peggio i delinquenti e gli psicopatici) e dall’anonimato. Certo Twitter è molto lontano dall’essere un corpo a corpo, se non talvolta di volgarità ed insulti. Ma è proprio nell’ambiguità e nel velo della penombra che può svilupparsi e crescere il fascino del desiderio sessuale e dell’amore. Tale ambiguità è poi da Twitter protetta, stimolata, rarefatta, intellettualmente coltivata, fino al punto di potersi talvolta trasformare in maschera permanente e finzione esistenziale. Il pericolo di una proiezione totalmente avulsa dalla realtà, come quella di Nataniele, è dunque più che mai in agguato. In attesa di nuovi studi forieri magari di algoritmi e metriche che tutto ci diranno sul nostro ed altrui stato di innamoramento (per il momento solo previsione della nostra personalità ) , mi sembra che la via regia rimanga quella indicata dal mio amico Sergio de Rosa @eucromia nel suo splendido aquilone “serve a qualcosa?” Twitter “serve se si è disposti laddove possibile e con le persone selezionate a mettersi in gioco”. Dove “mettersi in gioco” significa per me investire emotivamente, non però nei propri fantasmi travestendoli dei panni altrui ma nella relazione con gli/le altri/e in quanto tali, dunque separati/e e diversi/e da noi. A maggior ragione in una relazione affettiva (o presunta tale) on/off-line in cui il confronto rimane l’unica difesa contro le sirene del nostro desiderio onnipotente ed allucinatorio. Il confronto con l’ambiguità dei nostri ed altrui sentimenti, con l’incontrovertibilità della realtà, con l’altrui libertà di essere senza di noi, anzi indipendentemente da noi. Certo però che il tasto “confronto” l’hanno nascosto proprio bene, vero?
Giuliano Castigliego
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