L’elaborazione del dolore via Twitter
“Ci sono cose che non so più spiegare. Ciò di cui non si può teorizzare si deve narrare diceva Wittgenstein. Narrazione come un sapere nuovo” @robertocotroneo RT @lucadebiase
Anch’io, come molti altri, ho visto comporsi il tragico profilo del recente terremoto (prevalentemente) via Twitter. Serena Danna in un agile e calviniano articolo ha perfettamente riassunto pregi e limiti del social media nella gestione dell’informazione sociale in questa circostanza. Massimo Mantellini ha preso appassionatamente posizione su fastidio e attivismo web. Coinvolto e talora travolto emotivamente, digiuno di sociologia della comunicazione, nel ripercorrere ed analizzare quei dolorosi momenti e ricordi, mi affido, per quel che valgono, alle mie riflessioni psicologiche.
I tempi innanzitutto: la notte (tra 19-20.5) per il primo terremoto, il giorno (29.5) per il secondo. I tweets della prima sono all’insegna dell’oscurità emotiva. Oltre che quantitativamente scarsi, sono qualitativamente segnati da sconcerto, paura, angoscia, desiderio di dare/ricevere informazione ma anche e soprattutto rassicurazione reciproca. Le angosce della solitudine in una natura oscura e matrigna riaffiorano e si alternano al desiderio dell’abbraccio anche virtuale con i nostri simili. Durante la giornata del 29 è il coscio a prevalere: richieste ed offerte (più o meno veritiere) di soccorsi, mezzi, personale, ospitalità, comunicazioni di servizio, diffusione di regole di comportamento per proteggere adulti e soprattutto bambini (@colvieux) da ulteriori traumi psicologici, e quant’altro. Le emozioni sono più complesse anche se non per questo sempre consapevoli, i ragionamenti, più strutturati, tendono ad organizzarsi, seguendo consuete dinamiche sociali e politiche tanto che dall’iniziale unità dell’hashtag #terremoto si passa ben presto alla frammentazione.
Ma al di là della contrapposizione fin troppo schematica notte/inconscio – giorno/conscio, nella timeline di Twitter del giorno 29 si scorge la filigrana di un processo più articolato. È l’espressione e l’elaborazione, per quello che è possibile in quella sede, del lutto.
Lo annuncia un tweet dolente e poetico, che contiene mille mondi in pochi caratteri.
Un marocchino e uno pachistano tra le vittime. Andati al lavoro per non perderlo. Questi stranieri che vengono qui a rubarci la morte a noi @Fornario
E presto trova espressione quel variegato spettro di sentimenti che del lutto – come ci insegna Bowlby – sono la trama: dolore, rabbia, impotenza, sconforto, disorganizzazione delle emozioni e talvolta anche dei pensieri e dei comportamenti.
La rabbia la fa indubbiamente da padrona
#terremoto 15 morti, gente senza casa, bambini e anziani in strada… e c’è chi si lamenta perchè hanno rinviato la partita. Andate a cagare @sorrentino_v
E con la rabbia compaiono le prime polemiche, sul cedimento dei capannoni, la velocità – giudicata da alcuni eccessiva – della ripresa lavorativa -, i presunti ricatti a danno degli operai (stranieri), e poi su su fino alla nuova legislazione sul lavoro, il governo, il capitalismo assassino…
I sentimenti di sconcerto, irritabilità, rabbia, e talvolta addirittura disprezzo ed odio (ad es. verso i politici) inducono alla disorganizzazione e portano con sé un potenziale distruttivo (ma non solo) che non esita a manifestarsi.
#RimborsiElettoraliAiTerremotati o stavolta davvero buttiamo giù il parlamento! @skipstep
Il tentativo di comporre tali emozioni in una trama ordinata, sfruttandone la non meno potenziale forza costruttiva, è difficile. Rari, ma proprio per questo ancora più significativi, i tentativi in tal senso, che si appellano spesso a valori caratteriali, percepiti come capaci di dare conforto e senso al dolore:
Ammiro la forza il decoro l’orgoglio e il coraggio senza esibizione di tutti coloro che sono colpiti dal #Terremoto @PaolaSpezzaferr
e di far superare anche divisioni e conflitti
Le polemiche sulle persone che hanno ripreso a lavorare non hanno senso Non potere capire la voglia di ricominciare dopo il #Terremoto @PaolaSpezzaferr
Ancor più rari – nel mio peraltro limitatissimo campione di Twitter fatto di 165 Following e 103 Followers – i riferimenti di carattere religioso o spirituale e gli inviti alla preghiera. L’unico che ho rinvenuto è quello sobrio, anzi laconico del Card. Ravasi
Signore, pietà @CardRavasi
in cui l’impotenza del dolore e della perdita viene accettata ma temperata dalla fiducia/illusione – a seconda di come la si voglia giudicare – in un Essere cui potersi rivolgere.
Proprio l’impotenza e la difficoltà di accettarla sembrano costituire il nervo scoperto del successivo sviluppo della timelime, che vira decisamente dal dolore del presente ad iniziative politiche ed istituzionali future. È il noto dibattito sulla cancellazione della parata del 2 giugno, che prende sempre più spazio fino a monopolizzare il dibattito e a sostituirsi al terremoto stesso.
Inizialmente si legge un sommesso
Perché non annullare la parata militare del 2 giugno e usare i fondi per aiutare i terremotati? http://t.co/n2O7C0kq @espressonline
Ben presto il punto di domanda sparisce e l’annullazione della parata diviene un imperativo, categoricamente affermato, se non ingiunto, accomunato poi a tutt’altri avvenimenti.
#noparata2giugno, #nopapa3giugno e #nolutto4giugno, invece di vuota retorica rimboccatevi le maniche e datevi da fare @blupadma
Nel frattempo i presunti costi/risparmi della parata lieviteranno da 2,6 a 10 milioni!
Lo spropositato aumento della stima di risparmio sembra assumere i caratteri del “Wunschdenken”, un pensiero cioè illusionisticamente influenzato dal desiderio che vuole soddisfare.
Lo stesso torrente di tweets – cui ho anch’io partecipato – che impetuosamente scorre in questa direzione sembra scaturire, prima ancora che da calcoli politici, da un immediato, inconsapevole o almeno poco consapevole contagio emotivo
La corrente emozionale del #no2giugno – che è stata creata dai singoli e li ha a sua volta travolti in un attivismo digitale immediato – ha svolto verosimilmente una funzione di difesa. Ha trasmesso ai singoli la rassicurante sensazione di far parte di un gruppo e di essere attivi. Ha operato inoltre uno strategico spostamento degli affetti facendoli passare dalla fredda impotenza della morte ad un’attività riparativa e benemerita. Firmare contro la parata militare e per l’impiego dell’ipotetico risparmio a favore dei terremotati, sembra far uscire dal tunnel dell’impotenza, aprire all’azione e dar senso ad una tragedia priva di logica. Il dolore è stato temporaneamente rimosso e la rabbia spostata sui politici e le istituzioni che non capiscono e non agiscono
Se crepava qualche politico sono sicuro che la parata del 2 giugno veniva annullata. Vergogna!!! #no2giugno #NoParata2Giugno @rancidio
Così facendo il processo di rimozione collettiva del dolore è stato portato a compimento, il percorso di riparazione avviato ed il tempo del dolore circoscritto. Fatta la nostra -virtuale – visita di condoglianza ai sopravvissuti, ai loro dolori ed alle loro macerie, poniamo fine al cordoglio.
L’indomani, superata l’aristotelica unità di tempo della tragedia, riprende la routine:
cmq figo: ieri se twittavi per sbaglio qualcosa di diverso da #terremoto linciaggio, oggi #nonècambiatouncazzo ma tutti parlano d’altro @Bibolotty
Fatico a chiudere con un tweet così cinico, ma devo ammettere che è, anche, veritiero.
Vogliamo sinceramente partecipare al dolore altrui e cerchiamo anche via twitter di alleviare in qualche modo la pena di chi soffre. La nostra capacità di sopportare il dolore, pur mediato dalla distanza e dalla tecnologia, è però quanto mai fugace ed incompleta, cosa che per altro non deve, secondo me, affatto impedire di provarci.
Giuliano Castigliego
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